Il precedente Lazio fa paura: parametri in calo, bilanci sotto esame e club che rischiano un gennaio a mani legate
Il prossimo mercato rischia di diventare una corsa a ostacoli più che una finestra di opportunità. La Serie A si prepara infatti a fare i conti con il nuovo parametro sul costo del lavoro allargato, un vincolo che potrebbe mettere in difficoltà diverse società.

E mentre tutti guardano alle “big” per capire chi si muoverà, l’incubo è uno solo: ritrovarsi nella situazione vissuta dalla Lazio nell’ultima estate.
Nell’estate appena passata, la Lazio ha vissuto uno dei casi più emblematici degli ultimi anni. Il club ha sforato non solo il famoso indice di liquidità, ma anche gli altri indicatori previsti dalla FIGC: indebitamento e rapporto tra costo del lavoro allargato e ricavi.
Risultato: blocco del mercato, impossibilità di registrare nuovi tesseramenti senza prima rientrare nei parametri e margini operativi ridotti ai minimi. Una situazione complessa che potrebbe ripresentarsi già a gennaio se non dovessero arrivare operazioni straordinarie.
Il caso biancoceleste rappresenta un precedente che pesa: mostra come un parametro superato possa letteralmente chiudere il rubinetto del mercato. E ora lo stesso scenario minaccia altre società di Serie A.
Il cuore della questione è l’abbassamento della soglia del costo del lavoro allargato, che dal 2026 scenderà dal limite massimo dell’80% al 70%. Dentro questo parametro finiscono stipendi, staff, contributi e soprattutto gli ammortamenti dei calciatori, la voce che più incide nei bilanci delle squadre con rosa costose.
C’è però una novità importante: dal conteggio saranno esclusi gli Under 23 italiani. La deroga non vale per gli stranieri e non è pensata per aiutare le casse, ma per spingere i club a valorizzare i vivai. Perché, numeri alla mano, investire su un giovane della propria Primavera pesa meno che acquistare un venticinquenne dall’estero.
Napoli, Atalanta, Fiorentina, Torino, Genoa: chi rischia davvero
Secondo le prime analisi, sono diverse le società che potrebbero trovarsi con margini ridotti già a gennaio. Oltre alla Lazio, che resta in bilico, anche Napoli, Atalanta, Fiorentina, Torino e Genoa potrebbero arrivare alla finestra invernale con l’obbligo di operare a saldo zero o di ricorrere a plusvalenze e possibili aumenti di capitale.

Il nuovo parametro pesa soprattutto per chi ha un monte ingaggi elevato o una rosa costruita su investimenti importanti. Il rischio non è tanto “non comprare”, quanto non poter registrare nuovi arrivi senza prima sistemare i conti. È esattamente ciò che è successo alla Lazio, e il timore è che il copione possa ripetersi altrove.
La data chiave è vicina: entro il 30 novembre i club dovranno trasmettere alla Commissione i bilanci aggiornati al 30 settembre. Solo dopo la valutazione e il successivo passaggio in FIGC sarà chiaro chi potrà muoversi liberamente e chi invece dovrà vivere un mercato “controllato”.
A complicare ulteriormente il quadro ci sono i nuovi indicatori economici UEFA, che entreranno a pieno regime dal 2026. Un doppio binario che unisce controlli nazionali e verifiche europee: chi sfora rischia sanzioni, limitazioni o persino blocchi del mercato continentale.
Per molti club italiani significa una sola cosa: cambiare strategia. Meno ingaggi pesanti, piu attenzione ai giovani, piu programmazione e meno improvvisazione. Una trasformazione profonda che potrebbe ridisegnare il mercato nei prossimi anni.
Il precedente Lazio non è un monito: è un esempio concreto. E mentre la nuova soglia del costo del lavoro allargato avanza, Napoli e altre società devono fare i conti con una realtà che non riguarda più solo i contabili, ma la costruzione stessa delle squadre.





